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La canapa in Italia: l’amnesia storica

La canapa in Italia: l’amnesia storica

Di: Pippi Contini Coltivazione

Qualche anno fa a Bologna, durante l’allestimento di una sala per un incontro tra le realtà antiproibizioniste, una signora molto anziana entrò e si sedette su una delle sedie davanti al palco che si stava allestendo …aveva semplicemente sbagliato sala e questo fu chiaro solo più tardi, ma fu l’occasione per ricevere da quella donna delle preziose informazioni. Infatti dopo aver osservato con attenzione l’enorme foglia di canapa che campeggiava dietro al tavolo degli oratori, iniziò a raccontare del suo passato e della canapa che abbondava nel suo territorio e nella cui semina, raccolta e trasformazione era impiegata gran parte della popolazione.

Raccontava della durezza del lavoro, del fastidio per lo stare sempre bagnati, ma anche del clima festaiolo della raccolta e della nonna che filava e del nonno che intrecciava le corde, dell’olio che serviva ad illuminare con le lanterne le stalle e le case e dei tessuti che la madre ricamava e tante altre piacevoli testimonianze di un tempo in cui la pianta proibita era assolutamente indispensabile alla vita della collettività.
Ma dopo aver parlato per una mezz’oretta l’anziana signora si fermò, guardò ancora la foglia sul poster attaccato alla parete e poi esclamò: “ma quella non è la foglia della mia canapa, quella è la foglia dei drogati!” …e se ne andò!
E’ un aneddoto sintomatico sull’amnesia storica e sulla demonizzazione culturale operata contro questa pianta nel corso degli ultimi decenni, da una politica intollerante e spregiudicata al servizio dell’industria del petrolio e delle case farmaceutiche.
La signora è stata convinta, nonostante la sua esperienza diretta, che esistano due tipi di cannabis: quella che si chiama “canapa” che è buona e quella che si chiama “marijuana” che è cattiva, vittima inconsapevole di un’ignoranza generata a vantaggio del profitto.
Quindi il compito che spetta alle associazioni degli estimatori di questa pianta è esattamente quello di rigenerare la “memoria storica” e reinserire la canapa, attraverso l’incremento delle piantagioni ad uso industriale, alimentare, cosmetico e manifatturiero, nella cultura e nel sistema produttivo nazionale.
Oggi, grazie all’opera di sensibilizzazione esercitata in questi anni dalle associazioni di settore, si riscontra un consistente interesse verso questa scelta legata alla piccola e media impresa a carattere agricolo, ma siamo ancora agli inizi se pensiamo che solo 60 anni fa l’Italia era il secondo produttore di canapa a livello mondiale, seconda solo alla Russia, e che la superficie coltivata a canapa nel territorio nazionale ammontava a circa 90.000 ettari, mentre invece oggi la complessiva coltivazione di canapa a livello europeo ammonta a 11.000 ettari di cui solo 1.000 coltivati in Italia.
Va detto anche che nel nostro Paese, in virtù di una legislazione oppressiva, piantare canapa continua ad essere un’attività difficoltosa a causa dei permessi e dei controlli che ancora incombono come rischio sulla prospettiva del raccolto e del conseguente guadagno, poiché se la percentuale di THC dovesse superare il limite imposto dalla legge (0,6%), la piantagione andrebbe sequestrata e distrutta, anche se le garanzie fornite dai distributori di semi certificati dovrebbero limitare quasi totalmente questa eventualità.

Ma oltre all’interesse crescente verso la coltivazione ad uso industriale, si sta affermando anche la convinzione che le sue proprietà terapeutiche possano aprire aspettative diverse nella cura di patologie particolarmente gravose e in questo contesto va menzionato il progetto pilota per la creazione di un “Villaggio della Salute” dove, per iniziativa del Comune di Saracinesco (RM) e la collaborazione delle Università di Tor Sapienza e della Tuscia, della Società Italiana di Medicina Naturale e di alcune Associazioni Cannabiche, si stanno delineando le tracce per un polo di coltivazione, trasformazione e uso terapeutico da destinare ai pazienti ospiti del Villaggio.
In conclusione possiamo dire che, nonostante l’antica e diffusa tradizione legata alla coltivazione e all’uso della canapa, in Italia si sta ricominciando per ricucire il filo tagliato bruscamente da una cieca politica proibizionista, ma i pionieri non mancano e la strada per riportare la canapa nel rispetto della cultura e dell’economia nazionale è ormai aperta.

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